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Il giovane chef Luca Abbruzzino incanta i palati reggini assieme allo Chef Cogliandro

di Marina Malara – Un evento che ha visto lavorare insieme due chef di altissimo livello e che ha prodotto un menù gourmet speciale basato sulla tipicità dei prodotti, sulla qualità e l’estro uniti alla sapienza dei due maestri. Per la prima volta a Reggio Calabria si è potuta gustare la cucina creativa del Giovane Chef dell’anno Luca Abbruzzino che, per l’occasione, ha lavorato a quattro mani con lo chef patron de L’A Gourmet L’Accademia, Filippo Cogliandro. Luca Abbruzzino, 26 anni, è figlio d’arte, ed è stato il primo calabrese a partecipare ed arrivare in finale alla competizione Miglior Chef Emergente ed a soli 23 anni aveva già conquistato l’ambitissima stella Michelin. Ha organizzato il tutto l’ associazione culturale di Reggio Calabria COE’ composta da tre donne Valeria Bellantoni, Laura Pizzimenti e Alessandra Stilo che hanno unito le loro competenze e passioni per ideare, organizzare e comunicare eventi e progetti culturali e di stile. E’ stata la prima serata inaugurale di un percorso stagionale di cene gourmet a più mani con chef stellati proprio a Reggio Calabria, città che ha grandi potenzialità da valorizzare per poter diventare protagonista di una propria proposta identitaria. Di Luca Abbruzzino, che abbiamo intervistato, abbiamo apprezzato la semplicità e l’umiltà nonostante abbia già raggiunto livelli che in pochi, in Italia, possono vantare alla sua età. Se gli si chiede dove vuole arrivare, lui risponde, in maniera disarmante, che non lo sa, che vive e lavora giorno per giorno, senza pensare a cosa può raggiungere. “Faccio nella vita quello che mi piace, ha detto, riesco a vivere facendo questo, quindi va bene così. Come nasce la passione per la cucina? Sicuramente è nata dal fatto che ho sempre partecipato all’attività di famiglia, nel ristorante di mio padre Antonio, anch’esso stellato, fina da piccolo sono stato dietro lui. Ho fatto il liceo scientifico, non l’alberghiero, poi ho iniziato con l’università, ma studiare non mi piaceva e , ad un certo punto, ho capito che volevo fare il cuoco. Partendo dall’attività familiare per me è stato molto più facile, una fortuna che tanti altri ragazzi bravi non hanno. Per te, nel cucinare, conta di più la tecnica o l’istinto? Conta il gusto, la cosa più importante, poi le idee e l’istinto fanno la loro parte, mentre la tecnica è il mezzo che ti aiuta ad arrivare a quel sapore che ti sei prefissato. Prendo spesso spunto dalla materia prima  e poi mi affido alla memoria e ai profumi che possono ispirarmi. Il primo piatto che hai imparato a cucinare? La pizza che mi preparavo, senza l’aiuto di nessuno, quando ero solo a casa, quando ero all’università. Mi identifico in un altro piatto, semplicissimo, il pane abbrustolito al camino con olio e zucchero, mentre mangio molto volentieri, anzi non ne posso fare a meno, è la pasta al pomodoro. Non so cucinare la pasta aglio, olio e peperoncino. O, almeno, non viene mai come io vorrei. (ride). Cosa consiglieresti ad un giovane che vorrebbe fare il tuo percorso? Oggi non dipende più solo da te stesso, dipende da tante cose, come la situazione che c’è oggi in Italia. Però, chiunque voglia fare questa scelta deve sapere che ci vuole tanta passione e che non deve mollare mai soprattutto alle prime difficoltà, deve mettercela tutta. Le ore di lavoro sono tante, devi rinunciare a tante cose, è un lavoro duro. Se non lo fai con passione, prima o poi molli. Di modelli da seguire io ne ho avuti tanti, ma, ad un certo punto, ho capito che bisogna avere la propria personalità, bisogna sempre essere se stessi. Ti senti un cuoco o uno chef?  Secondo me non c’è differenza tra le due cose, io mi sento un cuoco. Lo chef in più gestisce una cucina, ma rimane sempre un cuoco e io questo voglio essere, voglio cucinare, non posso farne a meno. E Masterchef? Non lo guardo. Mai visto, semplicemente perché io non guardo mai la televisione, da sette anni, non ho il tempo. Il mio è un lavoro che ti prende tanto tempo, deve piacerti cucinare e basta. Ho sempre aiutato papà in cucina, ho lavorato anche in sala perché papà voleva che studiassi e non mi chiudessi in cucina. Quando ho deciso di lasciare gli studi mio padre non ci credeva, ma mi ha detto di provare, e così ho fatto. Tu partecipi ad un importante progetto regionale assieme ad altri sette chef calabresi, giovani come te. Si chiama Cooking Soon. Quale l’obiettivo?  Vogliamo semplicemente promuovere il territorio, progettare la cucina che verrà. Facciamo quello che ogni cuoco che opera in questa regione dovrebbe fare. Promuovere i prodotti della propria terra e sponsorizzarli. So che ti piace molto unire i sapori mare-monti? Si, mi viene d’istinto, perché secondo me c’è un punto d’incontro tra i prodotti del mare e quelli della montagna, bisogna tirar fuori la sapidità dei prodotti del mare e creare un equilibri unico con i prodotti della terra, lo faccio spesso, penso alla tartare di gambero crudo con i fegatini di pollo. E’ fondamentale anche esaltare l’acidità dei sapori, senza di essa un qualsiasi cibo dopo un po’ ti stancherebbe. I dolci, ad esempio, più sono zuccherati e grassi più sono stucchevoli. Io ci metto sempre un po’ di sale.